Educazione & Sport

Papà, tu sei qui, non qui!!

Questo disegno l'ho visto dappertutto! E' una roba virale. A volte le cose più semplici sono quelle che hanno successo perchè sanno trasmettere un messaggio importante in maniera immediata. L'ho trovato sulla porta degli spogliatoi della scuola calcio, l'ho trovato nella sede della scuola rugby, l'ho visto su questa pagina (clicca qui) dove vado spesso per respirare un po' di aria fresca e vedere lo sport presentato con gioia.

Tutti innamorati di questo disegno perchè finalmente si è trovato il modo di dire ai genitori dei ragazzi: "Ehi tu, hai appena accompagnato tuo figlio a giocare, a fare sport. E' lui che è in campo e deve giocarsi la sua partita, tu sei il suo spettatore n.1, quindi applaudi, incoraggia, festeggia ma fai attenzione a non comportarti come se in campo ci fossi tu (o meglio quello che ti credi di essere) e come se ti trovassi di fronte il tuo peggior nemico (che forse sei tu stesso)".

Stupendo. Lapidario. Chiaro. Soprattutto utile ma soprattutto direi ... necessario.

Eh si, perchè una volta che un genitore ha scelto un buon ambiente sportivo per il proprio figlio, deve fare un passo indietro e lasciare che faccia prime esperienze di autonomia. L'ambiente è controllato, governato da regole certe, l’autorità di riferimento non è un genitore - col quale è sempre disponibile ed aperta la scappatoia della confidenza e dell’affetto - ma un allenatore che, se capace e presente al suo ruolo, obbligherà ogni ragazzo ad un atteggiamento di sempre maggior responsabilità e di indipendenza.

Il genitore dovrebbe starsene sugli spalti cercando di essere un gradito spettatore e niente altro. Il ruolo autoritario e in certi casi anche il ruolo di incoraggiatore spetta – in quel contesto - a qualcun altro. C’è un allenatore che spronerà ogni ragazzino affinchè ci metta la giusta determinazione; ci sono i compagni che si rimbrotteranno a vicenda se qualcuno non terrà la giusta posizione; c’è un arbitro che sanzionerà tutte le scorrettezze, c’è tutta la squadra che incoraggerà i più timidi a dare il massimo.

Il genitore che invece cerca di esercitare in qualche modo la sua influenza urlando dagli spalti, sbaglia due volte: sbaglia perché si sovrappone all’autorità del nuovo entourage sportivo delegittimandolo (ma non lo aveva scelto proprio perché lo riteneva affidabile ed attendibile?!) e sbaglia perché riattivando col figlio il legame educativo\affettivo – con l’utilizzo di rimproveri, urli, consigli personali – di fatto impedisce al figlio di vivere pienamente la nuova esperienza di autonomia (che è il vero valore aggiunto dell’esperienza sportiva.)

Ben vengano quindi i genitori che accompagnano i figli alle gare sportive (spesso annoiandosi) e ben vengano quei genitori che, una volta accomodati sugli spalti riescono a fare lo sforzo immane di non interloquire col figlio limitandosi ad unirsi agli applausi e agli incoraggiamenti di tutti.
( Io cerco disperatamente di farne parte ma devo ammettere che domenica - dopo un concentramento di rugby e una partita di calcio - alla sera avevo la voce bassa ... sarà stata la pioggia ...).


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