Genitorialità

All'asilo con papà

Il periodo dell'inserimento alla materna è un periodo delicato. La teoria corrente vorrebbe che il periodo debba intendersi delicato per i bambini,

che passano dall' ambiente casalingo ad un ambiente nuovo, pieno di facce nuove, pieno di bambini nuovi con il quale potrebbero faticare a convivere, almeno nei primi tempi.
E per i genitori, sempre in teoria, dovrebbero essere un momento di felicità nel quale recuperare un po' di tempo e libertà.

La pratica invece ci consegna un problema complicato anche per i genitori. Si vedono famiglie che affrontano questo piccolo primo gradino di crescita con relativa facilità, dosando momenti di sconforto e malinconia con altri di gioia e rilassatezza ed altre che invece si avvicinano a questa esperienza con ansie e tensioni che rimangono visibili negli sguardi dei genitori e negli atteggiamenti dei bambini per tanto tempo.

Diventano così frequenti le incertezze, i ripensamenti, le critiche ai maestri, le raccomandazioni eccessive,  l'ambiguità nel voler proporre ai bambini l'asilo ma nel contempo essere frenati nel osservare i loro naturali capricci o pianti nel momento di doverci fisicamente entrare.

Eh si, perchè il momento dell'entrata è il momento che fotografa tutti gli stati d'animo che ci sono in gioco ed è interessante parlarne qui perchè sempre più spesso questo compito spetta ai papà che accompagnano i piccoli all'asilo prima di andare a lavorare.

Lo scenario è ampio: ci sono i bambini che corrono verso l'entrata felici e quelli che hanno bisogno di un po' di conforto al momento del distacco, ci sono quelli che accettano con tranquillità questo distacco ed altri che invece piangono; e poi ci sono i genitori: alcuni felici, sorridenti e rilassati, altri contriti, tesi e preoccupati.

Il luogo comune identifica il bambino che entra senza tanti patemi come il bimbo che affronta al meglio questa nuova esperienza mentre quello che piange viene considerato problematico.

In realtà non è proprio così.

Piangere al momento del distacco dal genitore potrebbe essere infatti visto non come sintomo di una cattiva accettazione dell'esperienza dell'asilo ma come una semplice - ed interessante - dimostrazione di un buon sviluppo emotivo. Il bimbo che piange dimostra di aver capito cosa sta per accadergli (assenza del genitore per alcune ore) e dimostra questa sua emozione piangendo.

Oltretutto non è così scontato che il genitore del bimbo che corre verso l'asilo senza quasi salutare sia felice;  infatti questo frettoloso modo di (non) salutarsi può essere vissuto dal genitore come una mancanza di riconoscimento come "preferito" dal bambino, facendogli mancare quel conforto del quale anche il genitore ha bisogno per accettare il breve distacco.

Va detto che questo ragionamento sta in piedi se poi il genitore ha conferma da parte delle Maestre che il figlio abbia smesso di piangere poco dopo che la porta si è chiusa. E' invece indicatore di disagio - che va monitorato e controllato - un eventuale pianto che dovesse durare per tanto tempo nella giornata e continuamente durante l'anno.

Altrettanta attenzione merita l'atteggiamento del genitore accompagnatore.

Il genitore deve lavorare un po' su se stesso in maniera da avere un atteggiamento coerente con il messaggio che vuole trasmettere al figlio "l'asilo non è un postaccio dove ti abbandono, ma è il primo passo verso un tuo cammino di crescita di piccolo uomo"; questo comporta sicuramente una lotta interiore col proprio istinto di genitore-chioccia e (spesso) contro i propri sensi di colpa, ma bisogna sempre ricordare che gran parte dei messaggi che i nostri figli ricevono da noi sono non verbali, quindi sarebbe buona norma cercare di creare una conversazione gioiosa mentre si cammina verso l'asilo e un rapida e festosa accoglienza nell'incontro con le Maestre.

Gli occhi lucidi o le lacrimucce - magari - i papà dovrebbero tenersele per dopo, quando ci si rimette il casco, quando nessuno ci vede .... che "un papà non vorrà mica piangere!!!".

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p.s. (...... e invece si! Ma questo è un diritto che noi papà non ci siamo ancora guadagnati). 

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